… Così il dirigente Cociv rispondeva al collega preoccupato per il materiale nei cantieri
L’amianto non è sempre stata una preoccupazione per i manager del consorzio che sta costruendo il Terzo valico. Tanto che 18 mesi fa uno dei superdirigenti poi arrestati per gli appalti pilotati, davanti all’allarme di un sottoposto per la presenza della fibra pericolosa nei cantieri lo tranquillizzava: «Tanto la malattia arriva fra trent’anni…». Le cimici della Finanza stavano registrando tutto.
Per contestualizzare la vicenda occorre tornare alla fine del luglio 2015. Fra alcuni tecnici del Cociv, raggruppamento d’imprese capeggiato da Salini-Impregilo che realizzerà la nuova ferrovia Genova-Milano, c’è un po’ di apprensione poiché dagli scavi saltano fuori materiali pericolosi. Gli abitanti delle aree circostanti protestano, sia in Piemonte dove dovrebbe essere realizzata gran parte del tracciato, sia sul versante ligure. In quel periodo le Fiamme gialle e i carabinieri, su ordine delle Procure di Genova e Roma, registrano ogni dialogo negli uffici Cociv del capoluogo ligure: molte commesse potrebbero essere state assegnate in modo illegale dal medesimo consorzio, che svolge il ruolo di general contractor affidando lavori pagati con miliardi di soldi pubblici pur essendo un soggetto privato.
C’è una conversazione fra le altre che fa sgranare gli occhi agli investigatori, sebbene non rappresenti di per sè la prova d’un reato. L’allora numero due Cociv Ettore Pagani – finito ai domiciliari a ottobre proprio per l’affaire appalti – è a colloquio con un collega, allo stato in via d’identificazione. Il secondo si dilunga in una serie di considerazioni più o meno dettagliate sulle rocce che contengono amianto e sulle contromisure da adottare, lasciandosi andare a un certo punto a un commento inquietante: «Il primo che si ammala è un casino», ripete, riferendosi agli operai che lavorano ogni giorno nelle zone più esposte. Da Pagani ci si aspetterebbe un approfondimento dei rischi per la salute, ma il tenore della frase che pronuncia di getto è differente: «Tanto – risponde – la malattia arriva fra trent’anni…». Questo scambio non è contenuto nell’ordine d’arresto notificato nelle scorse settimane, ma fa parte d’un corpo d’intercettazioni già trascritte dagli inquirenti dopo l’ascolto audio, con le quali si focalizza la spregiudicatezza che ha segnato per lungo tempo la gestione dei cantieri.
Pagani ai tempi era un manager di peso, risultando fra l’altro responsabile di progetto per la realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina, opera del cui studio preliminare era stata incaricata Impregilo. A casa sua i militari del nucleo di polizia tributaria genovese avevano trovato mazzette per quindicimila euro, mentre in altre intercettazioni aveva palesato una certa disinvoltura nel rapporto con gli enti locali. Parlando con un altro collega dileggiava l’assessore alle Infrastrutture della Regione Liguria Giacomo Giampedrone (giunta di centrodestra guidata da Giovanni Toti) da cui erano state chieste garanzie sulle ricadute occupazionali nelle zone interessate dagli scavi: «Possiamo dirgli – ridacchiava Pagani – che adesso con quel tunnel facciamo una bella garetta, in cui inviteremo sicuramente delle imprese liguri. Non so quale, tanto poi non prenderà alcun lavoro, eh eh…».
Gli appalti sul Terzo valico rappresentano il cuore dell’inchiesta sulle tangenti per le grandi opere (altri episodi sospetti riguardano i lavori sulla Salerno-Reggio e la nascita del people mover di Pisa) che tre mesi fa aveva fatto scattare 21 misure cautelari. Il tribunale del Riesame le ha confermate e l’Anac, l’autorità nazionale anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, ha chiesto il commissariamento di Cociv, che aveva nel frattempo rimpiazzato il management.